lunedì 8 gennaio 2007

Sono un morto statistico



I messaggi proibizionisti del movimento anti-fumo sono grotteschi, a volte involontariamente comici. Ad esempio quando contabilizzano in anni di riduzione del tempo di vita i danni del tabacco. Dai loro calcoli si deduce che io dovrei essere morto, così come i milioni di persone che fumano e vivono contenti. Anzi, non dovrebbero esserci fumatori vivi di più di sessanta anni. Mi guardo intorno e scopro centinaia di casi di fumatori di più di 70, 80 e 90 anni che vivono tranquillamente. Tento di leggere la propaganda proibizionista con la maggiore oggettività possibile, ma è chiaro che ci dicono una bugia. Confondono intenzionalmente un rischio statistico con un rischio certo.


Viviamo immersi in rischi statistici, o quel che è la stessa cosa, accerchiati da probabilità infauste. Possiamo morire fulminati da un elettrodomestico (la probabilità statistica è sorprendentemente alta) schiacciati da un camion nell’autostrada, assassinati da una cura sbagliata o da un contagio acquisito in un ospedale, travolti dallo shock provocato dalla puntura di un ape, colpiti da un meteorite in caduta libera, calpestati da un cervo in fuga, e tante altre cause di morte, ognuna delle quali ha una probabilità statistica che può essere calcolata.
Per evitare tutti i rischi ci si dovrebbe mettere in ibernazione in una camera blindata, e anche così… Sembra che il rischio di morte e connaturale alla vita, e che l’unica soluzione è convivere con una grande quantità di pericoli, prendendo particolari precauzioni solo quando il rischio statistico è particolarmente alto.


Lo è nel caso del tabacco? Anche se prendiamo per buoni i dati dei proibizionisti (e non lo sono) dobbiamo concludere che non è particolarmente alto: la prossima volta chieda al propagandista antitabacco che gli calcoli il rischio, non in anni in meno, ma in possibilità che l’evento accada ad un particolare individuo. Vedrà ché sorpresa. Ovviamente una persona sensata direbbe: “dipende”, e farebbe il calcolo per frange di età, e per condizioni di salute. Se lei ha più di sessanta anni e disturbi cardiorespiratori il suo rischio e più alto, se lei ha meno di sessanta e una salute ragionevolmente buona il suo rischio e molto basso, ad esempio.
Certo che tutti questi distinguo sono molto meno efficaci che la scritta “Il fumo uccide” nei pacchetti di sigarette. Se i propagandisti antibacco avessero l’obbligo di scrivere sul pacchetto di sigarette, non solo le controindicazioni, ma anche i limiti, i condizionali, le controversie sui dati e la loro credibilità servirebbe piuttosto un lenzuolo. E non produrrebbe il bel effetto che i suddetti propagandisti vogliono ottenere: impaurire a morte la gente.