sabato 16 dicembre 2006

Una vita in fumo

Ho 67 anni e fumo da quando avevo 18, quasi mezzo secolo di tabacco. Sono in buona salute e in piena attività. Posso sperare di vivere altri dieci o quindici anni, ovviamente fumando mentre possa farlo. Fumo perché voglio farlo, perché è parte della mia cultura e della mia identità. Leggo e scrivo mentre fumo, bevo caffè e ascolto musica, e passo così la parte maggiore della giornata, ozioso e produttivo nello stesso tempo. Fumo perché questa è la mia vita e il mio corpo. Fumo perché il tabacco, assieme al libro, alla carta bianca, al caffè, alla musica, al computer, al vino rosso, ai buoni film, alla bicicleta e ai sentieri sterrati nella pianura fanno di me chi sono.
“E dopo degli ottanta?”, mi dice il signore con il dittino in alto. Dopo degli ottanta la palida mietitrice ci falcerà uno dietro l’altro finché non rimanga nessuno. Ricchi, poveri, scemi, intelligenti, santi, peccatori, fumatori e non fumatori, e perfino i signori con il dittino in alto. Vivere conduce alla morte, ma lo fa lentamente, e nel frattempo… che meraviglia, amici, vivere intensamente, consumare questa piccola fiamma che siamo a dovere, producendo una luce intensa e ferma.


“Scandaloso!”, insiste quello del dittino. “Una vita di dissipazione e si mostra ancora orgoglioso”. È significativo che questo genere di moralista usi come sinonimo di vizio il verbo “dissipare”, che significa “spreccare, sciupare”, “svanire, dissolvere”, ma anche “svaporare, risolversi in vapori”, come il fumo di tabacco, appunto. La sua è una filosofia del risparmio e dell’avarizia: spendere è peccato, ritenere è virtù. Persone sifatte fanno bene a non fumare; se lo facessero si rifiuterebbero a espellere il fumo, e finirebbero scoppiando come un rospo.
Quando di vivere si parla spendere è avere; il baccio dato, la parola donata, l’energia consumata arrichiscono invece di impoverire. Niente arricchisce più che spendere senza aspettarsi contropartite, senza contabilità di entrate e di uscite. Il bene regalato si dissipa come il fumo del tabacco, ma ci arricchisce perché arricchisce la rete di umane conessioni nella quale viviamo. In ogni caso questa rete ci da la speranza di vincere la morte, di vivere ancora negli altri. Quando la nostra vita sia finita i nostri doni rimarranno, mentre che il corpo che il salutista ha coltivato morirà con lui. Il sudario non ha tasche, ma neanche ha specchi.

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